Energia, Ambiente e il paradosso di Kyoto
Il solito traghetto, la solita piazzetta, la consueta ospitalità, subito un incontro con una faccia nota, quella della “Iena” Lucci… si, ci siamo, eccoci nuovamente a Capri. Questa volta a differenza di altre, per un approfondimento. Il tema, infatti, è quello dell’energia, già trattato in estate nella nostra assemblea senior. Grazie a questa opportunità abbiamo potuto apprendere ancora meglio e con maggior dettaglio le tesi e gli interventi che sono stati portati in evidenza durante il convegno che si è svolto nella cornice storica del Grand Hotel Quisisana il 3 e 4 ottobre 2008.
Il convegno ha registrato per presenza ed esposizione mediatica un ottimo successo. Da record anche la presenza della delegazione Trentina, eravamo oltre venti tra associati e accompagnatori. Mai successo fino ad ora, un’ottima pubblicità e visibilità per la nostra territoriale a livello nazionale.
Le due giornate di Capri si sono aperte con la relazione di Federica Guidi in cui vengono presentate le “tesi” che danno il titolo al convegno di quest’anno “Innovare le energie: imprese e ambiente tra sviluppo competitivo e sostenibilità”.
Si inizia con una forte presa di posizione verso chi, cercando un “nemico” dell’ambiente l’ha individuato nelle imprese e nel sistema industriale. “I giovani imprenditori sono pronti a prendersi le proprie responsabilità ma non accettiamo di essere costantemente sul banco degli imputati” ha dichiarato Federica Guidi affermando anche che “E’ indispensabile che al tavolo sul futuro dell’energia e del clima ci debba essere anche l’impresa come interlocutore legittimo ed autorevole, che sappia illustrare le ragioni dello sviluppo industriale ed economico”.
Si è passati poi al commento e analisi del trattato di Kyoto, o meglio al paradosso di Kyoto com’è stato definito da molti. Per ogni punto di riduzione delle emissioni che gli aderenti a Kyoto producono, ve ne sono 8 di aumento da parte dei paesi che non hanno aderito. Mantenere gli impegni di Kyoto è impossibile, come ci hanno spiegato anche alla nostra assemblea, e altrettanto impossibile sarà tener fede alle politiche adottate dall’unione europea: il famoso target del “20-20-20” (riduzione entro il 2020 del 20% di gas serra, del 20% i consumi energetici e di produzione del 20% di energia da fonti rinnovabili). Un’ulteriore conferma sta nel fatto che anche nella diligente Europa dove si cerca in modo rigido di rispettare il più possibile Kyoto negli ultimi 15 anni le emissioni sono aumentate.
Le emissioni di gas serra sono in stretta relazione con il Pil pro capite, di conseguenza l’aumentare dello sviluppo economico o della popolazione ne determina l’aumento. Qual è quindi la soluzione che non sia legata a politiche di controllo demografico o di de-industrializzazione?
La soluzione è la tecnologia. Innovare le tecnologie legate all’energia per esportarle in quei paesi che stanno attraversando una forte crescita industriale e del PIL. Paesi in cui parlare di politiche ambientali è un lusso che non si possono ancora permettere.
Nella sola India l’anno scorso si sono costruite tante centrali a carbone e petrolio quant’è il consumo energetico dell’intera Inghilterra. Oltre il 54% del gas serra è prodotto da paesi che non hanno sottoscritto Kyoto. L’Europa deve prendersi questo impegno, questa responsabilità: investire nella ricerca ed innovazione di tecnologie energetiche da fornire ai paesi che si stanno industrializzando. Molti affermano che sarà la strada che dovrà percorrere anche il futuro presidente degli Stati Uniti, per fare in modo di recuperare consenso, stima e forza a livello internazionale.
Per favorire la ricerca e l’innovazione legate all’energia e all’ambiente in modo da rendere i processi produttivi più economici in termini energetici e di conseguenza più rispettosi dell’ambiente, i Giovani Imprenditori, sempre per voce di Federica Guidi, hanno avanzato due proposte legate alle modalità con cui lo stato può aiutare le imprese.
La prima proposta è legata alla defiscalizzazione totale degli utili reinvestiti in ricerca e sviluppo. La seconda proposta è legata invece alla gestione dei fondi pubblici destinati all’innovazione, che dice Federica Guidi nella sua relazione “dovrebbe cambiare totalmente il metodo di selezione dei destinatari” e continua affermando che “Il principio da seguire dovrebbe essere quello dell’erogazione di matching grants: il sussidio viene attribuito alle imprese selezionate autonomamente da soggetti quali venture capitalist e fondi di private equity, in misura proporzionale al loro stesso impegno.”
Si è parlato molto anche di Nucleare, confermando la necessità di introdurlo il prima possibile nel nostro paese, non come alternativa e soluzione al fabbisogno crescente di energia ma più come strategia di hedging contro la volatilità dei prezzi dei combustibili fossili. Il nucleare Infatti, garantisce prevedibilità e stabilità dei prezzi, poiché prevalgono i costi d’impianto, mentre per il metano quelli di combustibile.
Paolo Scaroni AD di Eni è molto chiaro a tal proposito, e ha affermato nel suo intervento che se volessimo far fronte anche solo alla domanda incrementale di energia elettrica europea interamente da nucleare, dovremmo costruire 70 nuove centrali da qui al 2020. Impensabile pensando che attualmente nel mondo ci sono solo tre centrali nucleari in costruzione (1 in Francia, 1 in Giappone, 1 in Finlandia).
Interessante anche l’analisi, sempre di Paolo Scaroni, sulla fornitura e consumo di gas in Italia ed Europa. Un effetto tangibile di Kyoto e delle politiche ambientali in Europa e soprattutto in Italia è sotto gli occhi di tutti: siamo diventati gas-dipendenti. L’80% della nuova capacità elettrica installata in Europa negli ultimi dieci anni è alimentata a gas. L’Europa consuma quasi il 20% del gas mondiale, producendone solo il 7% e detiene solo il 2% delle riserve. Il risultato è chiaro una forte dipendenza dalle importazioni extra Unione Europea. Fa pensare il fatto che se Russia ed Algeria interrompessero la fornitura di gas, l’Europa tornerebbe indietro di 100 anni nel giro di 2 settimane.
Molti i politici e ministri presenti, Giulio Tremonti, ha focalizzato il suo intervento sulla crisi economica mondiale con una riflessione sulla necessità di tornare ad una visione più “patrimoniale”, con una riforma del sistema finanziario, “La finanza non è un fine ma un mezzo” ha affermato. Il Ministro Scajola ha confermato che si arriverà alla “posa della prima pietra” di alcune centrali nucleari entro il 2013, malgrado siano passati senza novità già 5 mesi. Il ministro dell’interno Roberto Maroni invece, è intervenuto sulla questione criminalità ed “ecomafie”. Altri interventi interessanti sono stati quelli di Massimo D’Alema, che ha sottolineato la sua linea pro nucleare coerente nel tempo anche quando vent’anni fa tutti si schierarono per la chiusura delle centrali. Provocatorio l’intervento di Lord Nigel Lawson, Cancelliere dello Scacchiere britannico negli anni del governo di Margaret Thatcher, che ha affermato che i costi delle politiche in favore dell’ambiente e della riduzione dell’effetto serra sono molto maggiori dei costi necessari per costruire barriere di controllo del livello dei mari.
Alla politica e ai ministri presenti, Federica Guidi ha chiesto certezza delle regole del gioco in modo tale da incentivare gli investimenti. La certezza di cui parliamo sono regole semplici, affidabili e stabili nel tempo. E’ quindi anche responsabilità dell’opposizione non attuare strategie dell’alternanza basate sullo sfascio sistematico di ciò che ha fatto il Governo precedente.
L’intervento di chiusura è stato, come consuetudine, affidato al presidente di CONFINDUSTRIA. Emma Marcegaglia ha commentato la crisi finanziaria, enfatizzando che è una crisi finanziaria e non economica e che proprio in queste occasioni è indispensabile garantire il credito alle imprese. Il mondo dell’impresa deve però fare la sua parte, sarebbe fatale restare immobili, è necessario affrontare con serietà l’emergenza della crescita e produttività che ormai ci accompagna da molti anni. Passando così alla questione dei salari, l’unica soluzione possibile per far crescere i salari, ha affermato la Marcegaglia, è quella di legare gli aumenti ad incrementi della produttività. Non ci sono alternative.